
Torino, 18 aprile 2021
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Il mondo o niente.
Mi guardo le mani e mi sorprendo, anche oggi le trovo invecchiate, ma così morbide, piene di graffi e scottature, e la stufa, e le schegge del legno, il cutter, il freddo, i dispiaceri..
Quando penso alla Cura rivivo la sensazione di spaesamento che ci affligge quando ci si taglia con la carta, non so se sia l’immediato contrasto tra bianco e rosso o l’incredulità che uno strumento simile possa ferire con tale dolore, ma insomma.. ogni volta che mi taglio con la carta ci rimango sempre un po’ male, un po’ deluso.
Ecco, la cura, per certi aspetti è tagliente, in certe circostanze è quindi deludente.
La intravedo nascosta tra il saper rispettare e il saper farsi rispettare, un’ombra di cura spunta dagli anfratti di questo nascondiglio e la scambio spesso per orgoglio da un lato e sensibilità dall’altro. C’è sempre un qualche termine per giustificare una sensazione che viaggia sulla linea spaziale da – – – a. Cose non dette e poi dimenticate.
Mi sveglio di nuovo e penso a quanto vorrei tornare a leccare, introdurre subdolamente nell’animo altrui il mio germe abbandonando per un attimo i miei conflitti interni al macero.
“Se smetto di respirare se ne va da sé?”.
L’inganno in questione è come un dolce abbraccio alle tue difese immunitarie, ma non è tempo nemmeno per sputare, con stizza, verso quelli che prima di questa era virulenta chiamavamo eroi.
Mi muovo quindi in una linea retta e finita zigzagando nella stasi frenetica cercando sempre di mantenere viva una non troppo innata curiosità.
Ma, con classe, mi inchino pensando a tutto ciò che non ho ancora.
La riconoscenza è cura, l’ascolto è la patologia del nuovo-nuovo millennio.
Questo fallico ballo di gruppo nel quale il dito indice punta sempre verso il culo altrui ricerca incessantemente una rettitudine e io, pigramente, mi scanso definendomi “incline a” tutto quello che non si avvicina mai al tormentone (1).
Per il resto sto bene, pensa che in questi ultimi anni mi han pure dato come molto quotato nel ranking degli esempi da seguire, ma entrambi sappiamo che già da prima lavoravo in posizione orizzontale (2). Ho sempre portato avanti la campagna del vuoto attorno, in questo modo possiamo sempre osservare gli spazi nella loro area intera e immaginare cose, appuntarsele e lasciarle lì a dimenticare. Quindi inizierò a posizionare le cose su ripiani, in ordine di grandezza, alla equa distanza come i nostri saluti ad un paio di metri l’uno dall’altra.
La Cura è anche saper dire di no!
Sogno un’inaugurazione strapiena di una mostra vuota dove tutti si raccontano ciò che hanno fatto e i milioni che in ogni caso non abbiamo guadagnato.
Ma rido eh, continuo a sorridere! si insomma, una smorfia tra un ghigno e sonore pernacchie.
Pppppprprrrrrrprprprprprprprprprppprprrr
Oh, sai che ora qui alle elementari non si può più fare?
Finisce che ti lavi la faccia con quelle maschere che riflettono il proprio alito mattutino spedendolo dritto al naso. É uno dei pochi esami sintomatologi fai da te che ci sono rimasti.
Ero convinto fosse la grappa con il latte e il miele, come consigliava nonna, e invece ora è tutto giustamente necessario e responsabilità.
Comunque la pernacchia è una cosa che entro cinque anni non verrà più tramandata e spariranno pure le chewing-gum appiccicate sotto al banco. Tutto ciò è preoccupante, ci sono VIP che hanno basato la loro carriera su concetti analoghi.
Ieri ho mangiato il primo gelato dell’anno, pistacchio e bacio ed ho pensato a “Gelati” degli Skiantos: “Il lavoro a me mi stende e per giunta non mi rende”, penso Cura, che tu sia implicata anche nel rischio di bancarotta percepito in cassa. Alla fine mi convinci sempre a trattarmi bene una volta ogni tanto.
Ah, non insistere che ora non posso permettermi un affitto, magari se mi prendono a quel concorso pubblico… (3). Mi piace l’idea che tra qualche anno sarà pieno di bidelli con un dottorato, ci lamenteremo del sistema su una di quelle grandi cattedre posizionate all’entrata delle scuole. Ammassati con losche facce a bisbigliarci nelle orecchie.
Vedrai, faremo tendenza, e quando i ragazzi penseranno al loro futuro sarà il lavoro più ambito, l’occupazione dei desideri, ma quali supplenze… diranno: “voglio studiare tanto così entrerò in graduatoria terza fascia! Eskere!” (4).
Detto tra noi, a volte vorrei sentirti un po’ meno presente, comincio a pensare che porti un po’ sfiga. Mi sembra che premino spesso chi non ti conosce a pieno, magari comincerò anche io a non salutarti più.
Casomai ci prenderemo un gelato insieme un giorno, pagherò io!
Come ti dicevo, è tutta una grande espiazione e non c’è Cura se non il ricordo nel tempo, infatti
Manca gran parte del testo, un evidente strappo divide il foglio in una maniacale e netta metà.
(1) Per approfondimenti: Cavarero Adriana, Inclinazioni. Critica della rettitudine, Raffaello Cortina Editore, 2014.
(2) Campagna antipandemia del governo tedesco con una testimonianza dal 2100 (circa).
(3) Scadenza 22 aprile 2021.
(4) Clicca qui per la corretta pronuncia.
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